INTERVISTA A FERRUCCIO MEROI: FARE IMPRESA CON UMANITÀ SIGNIFICA FAR STARE BENE LE PERSONE

12 February 2021

Il benessere collettivo sociale è una priorità, ora più che mai: le parole dell’ad Meroi

Lui è Ferruccio Meroi (foto di AnnaAirone), presidente e amministratore delegato di Alfa Sistemi, azienda tecnologica con sede a Udine, uffici in Asia: 100 dipendenti e 7,5 milioni di fatturato (a fine 2020, con un + 8% rispetto al precedente anno). Una laurea in Lettere moderne, un intenso percorso professionale nel campo dell’informatica e dell’organizzazione, alcune esperienze manageriali in aziende multinazionali, ed oggi alla governance di una società tecnologica che ha fondato a Udine nel 1995, con core business in system integration e consulenza applicata all’implementazione di soluzioni Ict: Information and communications technology.

Un ‘umanista’ alla guida di una società che si occupa di tecnologia? Evenienza considerata illuminata negli Stati Uniti.

La preparazione sociologica e umanistica si accompagna, nel mio caso, alla competenza tecnologica e dei processi aziendali. Certamente, questo tipo di formazione aiuta nell’aspetto umano del business: ovvero scelta e motivazione dei collaboratori, ascolto e presa in carico delle loro necessità ed aspirazioni, gestione dei rapporti con i clienti e col mercato in generale, la capacità di chiedersi sempre “il perché” dei fenomeni che osserviamo. I valori che trascendono la mia azienda, e che vanno oltre ogni tipo di preparazione, sono però: credibilità, competenza e affidabilità, ai quali aggiungerei, passione e coraggio. Tutto ciò ha portato oggi Alfa Sistemi ad essere quella che è. Sono 25 anni che mi occupo della gestione d’impresa, con una particolare attenzione alla crescita ed all’occupazione.

Una ‘impresa’ impegnativa?

Esiste un particolare clima culturale in Italia che percepisce l’impresa come qualcosa di ostile e nocivo, che inquina l’ambiente, oppure che sfrutta i lavoratori, genera lavoro precario, magari evade le tasse e sicuramente si arricchisce alle spalle del lavoro. Noi invece crediamo che l’impresa sia una risorsa fondamentale e positiva per la società, che contribuisce alla creazione di lavoro e di Pil “buono”, contribuendo al benessere collettivo.

Che cosa è per lei il successo?

Penso che sia la realizzazione di una idea, di un sogno. La soddisfazione personale è certamente una prima conseguenza, ma questo non basta, vi è qualcosa di più profondo: la consapevolezza di aver portato un valore ed un beneficio, anche piccolo, alla collettività che ci circonda ed alla società in generale. In sintesi il successo per me è lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato.

Come ha vissuto questo ultimo anno?

Nell’anno che il rapporto del Censis definisce come “l’anno della paura nera” abbiamo sicuramente avuto, come azienda, anche momenti di incertezza, dai quali però siamo stati in grado rialzarci e trovare le risorse morali e materiali per ricostruire un clima di normalità. Ricorrendo a strategie e processi interamente nuovi e mai sperimentati prima.

Il ruolo sociale dell’impresa, con il lavoro, è oggi fondamentale più che mai, non trova?

Certamente. In questo particolare momento, e nel periodo che seguirà, è fondamentale che l’impresa abbia un ruolo positivo nella società, si rafforzi il suo ruolo di comunità all’interno della quale nessuno deve sentirsi solo. L’interesse collettivo, della comunità, deve prevalere sul puro tornaconto individuale; i valori di coesione, impegno, coraggio devono poter contaminare positivamente l’ambiente e la società che ci circonda alleviando il clima di paura e di incertezza.Dobbiamo pensare che se la società sta bene, stanno bene le imprese, e di conseguenza sta parimenti bene anche il singolo individuo. Se viceversa la società sta male, non c’è beneficio per nessuno.

Si pone anche il tema ambientale, come concetto del ‘ben stare‘ della società?

Certamente. Il tema ambientale, visto in stretta correlazione ed integrato con altri aspetti, come: piena occupazione, istruzione, cultura, nuovo sistema di valori, infrastrutture, tecnologia, avrà un ruolo determinante nel miglioramento del benessere dell’intero sistema Paese.

Cosa ne pensa del momento che stiamo vivendo?

Quando il Covid finalmente se ne andrà, lascerà nel nostro Paese una scia di macerie; forse, guardando gli aspetti positivi, la pandemia ci costringerà a prendere decisioni che, fino ad ora, non abbiamo avuto il coraggio di portare avanti. Ovvero ed anche, di passare dagli aiuti a pioggia e dalle spese per finanziare le spese correnti, agli investimenti mirati. Il Recovery Fund può essere l’occasione per prendere queste decisioni, forse l’ultima chiamata; dobbiamo essere in grado di gestire la selezione e la priorità dei temi da trattare per rendere il Paese più moderno e competitivo. Pensiamo alla digitalizzazione del Paese, alla modernizzazione del sistema produttivo, alle grandi infrastrutture, che accorcino ad esempio la distanza Nord-Sud, al sistema della formazione, alla sanità. Occasione ad esempio per ripensare al ruolo delle imprese come risorsa della società, magari aiutandole a crescere ed aggregarsi, e non come a un nemico da combattere.

Come giudica l’Italia dal punto di vista della digitalizzazione?

L’emergenza pandemica ha messo in luce, prepotenti, le debolezze sistemiche del nostro Paese in termini, ad esempio, di connettività, infrastrutture, strumenti digitali, sistemi informativi territoriali; il confronto con gli altri Paesi, non solo dell’Europa e del Nord America, ma perfino dell’Asia è impietoso e merita una riflessione profonda sulle scelte strategiche di politica industriale.

Quali, a suo avviso, le prossime sfide della nostra economia sociale?

La pandemia oltre che aver incrementato la forbice tra le consuete categorie dei ricchi e dei poveri, aumentandone notevolmente il numero, ha messo in luce una contrapposizione assolutamente nuova tra l’insieme, definito dal rapporto Censis, dei “garantiti” e dei “non garantiti”, ovvero coloro, i primi, che hanno un reddito garantito, e questi ultimi che non ce l’hanno. Durante i diversi lock down conseguenti la pandemia, tanti fra questi “non garantiti” sono diventati “più poveri dei poveri”. Penso che sia nostro compito e dovere impegnarci a fondo per ridurre questo divario, e migliorare il benessere complessivo della società. Infine: modernizzazione, occupazione, meritocrazia, ambiente, formazione possono contribuire a raggiungere questo risultato.

 

Articolo di Francesca Schenetti, giornalista della testata TiLancio, pubblicato il 10/02/2021.

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